"Addio Darwin", il declino della televisione

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  1. StaffSicilia
     
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    La storia del cinema ha origine nei circhi, nelle fiere e nelle forme d'intrattenimento popolare come la magia e l'illusionismo. Del circo il cinema ha assorbito il gusto della scenografia, dell'espressività, della ricerca di stupore, la dimensione del sogno. Come il circo il cinema si è rivolto immediatamente a un pubblico molto popolare, offrendo immagini, ovvero uno spettacolo che non richiede alfabetizzazione o una specifica educazione. Se alla fine dell'Ottocento il circo Barnum & Bailey prometteva al pubblico "la più grande raccolta di curiosi esseri umani mai visti insieme sulla terra", per tutta la prima parte del Novecento il cinema ha continuato nella stessa tipizzazione grottesca: le comiche hanno raccontato l'uomo forzuto, la donna grassa, lo spilungone, l'ingenua, il furbo e lo stolto, mentre i film dell'orrore hanno dato corpo a quegli esseri selvaggi, a quei mostri e a quei pericoli tremendi conosciuti - fino a quel momento - solo ai frequentatori di letteratura e illustrativa di genere.

    Tuttavia, il cinema è presto diventato un'arte raffinata, capace di descrivere la realtà del mondo, di raccontare le vicende umane, la profondità dell'animo e la complessità delle culture. Anche il circo ha avuto una sua evoluzione: dovendo competere con altre forme di intrattenimento dal vivo, ha sviluppato forme di spettacolo più sofisticate e artistiche. La conseguenza è che il gusto del buffo e dell'incredibile, oramai, sembra che sia appannaggio esclusivo degli spettacoli televisivi. I talk show mostrano politici agguerriti e arroganti, spesso ignoranti, pronti a cavalcare il populismo più spicciolo; i reality show appaiono come una parata di tipi umani curiosi (il maschilista palestrato, la volgarona, il gay stereotipato, o il secchione con gli occhiali spessi); i cosiddetti talent show spesso sono attenti a sottolineare aspetti paradossali o grotteschi che aggiungono interesse al talento (la bruttina, ma con la voce d'angelo, la rocker, ma suora, il cantante intonato, che però è balbuziente).

    E poi, insuperabili, ci sono programmi come "Ciao Darwin" giocati sulla contrapposizione tra opposti: bianchi e neri, playboy e cornuti, vergini ed esperte, normali e diversi, trovando comunque nella sfilata di sederi femminili (con i primi piani sugli occhi sgranati e i volti sudati del pubblico maschile), il loro massimo livello di divertimento. Quali sviluppi possa avere una televisione così vicina al Barnum, così pronta a consolidare pregiudizi, inseguire la demagogia, ricercare ed esaltare tutto ciò che genera curiosità, stupore, malizia, spavento e risate, non è facile prevedere. Nel 1904 il parco divertimenti Dreamland, a Coney Island, realizzò un'attrazione denominata Lilliputia, una città a scala ridotta nella quale erano stati trasferiti ad abitare trecento nani. La trovata ebbe un grande successo di pubblico perché consentiva ai visitatori (quelli di taglia ordinaria) di scoprire un mondo paradossale, e di spiare con divertimento la vita di quei piccoli uomini.

    A volte penso che questa televisione sia proprio come Lilliputia, fatta con il solo scopo di tranquillizzarci, perché noi non saremo mai catapultati da un elicottero su un'isola, né esibiremmo mai le nostre debolezze o i nostri difetti solo per diventare popolari. Se non fosse che questi spettacoli televisivi sono sempre più permeati di realtà. E il dubbio che mi assale è che non sia la televisione così terribile, quanto la realtà di cui la televisione, al contrario del circo e del cinema, è rimasta specchio fedele.
     
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